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Antonio Vivaldi, Concerti per traversiere RV 431 e RV 432


Concerti per traversiere RV 431 e RV 432, edizione critica a cura di Federico Maria Sardelli, collana «Antonio Vivaldi. Opere incomplete», 1, Firenze, S.P.E.S., 2001


[dall'intrroduzione critica di Federico Maria Sardelli]

I due concerti incompleti RV 431 e RV 432 sono trasmessi dai manoscritti autografi oggi custoditi alla Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (RV 431: Giordano 31, cc. 266r-271v; RV 432: Giordano 32, cc. 209r-211v); non se ne conoscono altre fonti. Le partiture sono stilate su carta veneziana di formato oblungo (cm 23x30,5), rigata con dieci pentagrammi per pagina, ovvero due sistemi da cinque. Si tratta di manoscritti che Vivaldi, una volta terminata la sua composizione su minute che gettava, copiava pulitamente affinché servissero al copista per ricavarne le parti e restassero poi a costituire l'ordinato repertorio del suo archivio personale. Proprio fra questa copiosissima raccolta confluita nei volumi di Torino il frammento RV 432 fu legato impropriamente alle opere sacre (Giordano 32), mentre RV 431 trovò naturale collocazione nel repertorio dei concerti per fiati (Giordano 31).

L'incompletezza dei due testi è dovuta alla mancanza, in RV 431, del movimento lento centrale ed in RV 432 del secondo e terzo movimento. Entrambi i concerti recano sulla prima carta in alto al centro il titolo «Con:to Per Flauto Trav:r»; in RV 431 alla fine del primo movimento (c. 268v), dopo l'ordinaria indicazione per il da capo del «tutti» finale («D. C. al Segno # Sino al Segno U») si legge, al centro del foglio: «Grave Sopra il Libro come stà»; analogamente, al termine dell'unico movimento di cui si compone RV 432 (c. 211v) si trova scritto, dopo «D. C. al Segno # Sino al Segno U» la prescrizione «Grave Sopra il Libro». In ambedue i casi, i manoscritti non riportano nessun movimento lento; in RV 432 la composizione s'interrompe dopo il primo movimento mentre in RV 431 all'iscrizione «Grave Sopra il Libro come stà» fa seguito, sulla carta successiva, l'«Allegro» finale. Da entrambi i manoscritti mancano, com'era uso, le prescrizioni strumentali per il gruppo degli archi, anche se va da sé che si tratti dell'ordinario insieme di violino I, violino II, viola e basso continuo; solo in RV 431, a capo del primo pentagramma, è segnato «Flauto»: lungi dal sottintendere l'uso d'un flauto dritto, il termine è un'evidente abbreviazione di quel «Flauto Trav:r» richiesto dal titolo.

Una serie di caratteristiche coincidenti accomuna queste due opere: tra i novanta e più lavori destinati da Vivaldi al flauto, sono questi gli unici composti in mi minore, tonalità estremamente comoda ed espressiva per il traversiere; entrambi appartengono ad uno stesso periodo creativo; infine, caso curioso, entrambi sono giunti a noi incompleti di alcuni movimenti. Altra coincidenza vuole che tutt’e due i manoscritti riportino, in luogo del movimento centrale, l’indicazione «Grave Sopra il Libro come stà» (RV 431) e «Grave Sopra il Libro» (RV 432). Poiché l’espressione «sopra il libro» (o supra librum) fu usata per designare una pratica di carattere improvvisativo risalente al Medioevo e sopravvissuta fino al Seicento, è stato ipotizzato che le due prescrizioni vivaldiane intendessero ad essa far rimando; in verità, un attento esame delle fonti storiche relative alle pratiche improvvisative ed alla prassi del supra librum ha consentito d’escludere che i due movimenti lenti di RV 431 e RV 432 fossero due brani destinati ad essere improvvisati. Per contro, l'espressione «come stà» è tipica del gergo copistico e si riferisce alla conservazione della tonalità originale del brano dato da copiare. Un altro autografo vivaldiano, il concerto per violino RV 263, riporta due analoghe prescrizioni: «Sopra l'altra carta» e «Sopra il Libro»: appare allora chiaro che queste espressioni, come quelle dei due frammenti per traversiere, fossero delle esplicite direttive per guidare il copista di fronte ad un originale che, per motivi di fretta, economia o ripensamento, era stato compilato su carte o fascicoli diversi. Nei casi gemelli di RV 431 e 432, il «Grave» centrale (ma qui il termine «Grave» poteva essere inteso come generico rimando ad un movimento lento) era stato dunque già composto da Vivaldi e si trovava sopra ad un altro manoscritto; non è escluso che questi movimenti appartenessero ad altre opere da cui Vivaldi avrebbe attinto per motivi d'economia. Così com'è dunque possibile che questi due movimenti lenti siano andati irrimediabilmente perduti, così è altrettanto possibile che entrambi, o soltanto uno di essi, siano sopravvissuti in opere giunte fino a noi ma che, al momento, nessun indizio consente d'identificare.
Diversamente da quelle opere in cui l'incompletezza è dovuta alla perdita d'una o più voci della partitura o all'interrotta composizione, la frammentarietà di RV 431 e 432 non intacca la compiutezza e la fruibilità dei movimenti superstiti e lascia oltretutto aperta la possibilità che future indagini possano giungere a restituirne l'integrità.

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