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La musica per flauto di Antonio Vivaldi


Fondazione G. Cini, Istituto Italiano Antonio Vivaldi, «Quaderni vivaldiani», XI, Firenze, Olschki, 2001, 250 pp.

Per tutta la prima metà del Settecento il contributo vivaldiano al repertorio del flauto giganteggia, assieme a quello di Telemann, per quantità e qualità. Ben 92 lavori destinati a tutti i tipi di flauto in uso all’epoca (flauto dritto contralto, flautino, traversiere, flageolet), impiegati in pressoché tutte le forme e generi musicali. Vivaldi è anche il compositore che spinge il flauto a vette di tecnica strumentale mai raggiunte al suo tempo. Purtuttavia, il suo ruolo fondamentale nella storia e nel repertorio del flauto è stato fino ad oggi deplorevolmente trascurato, complice la credenza musicologica secondo cui gli strumenti a fiato ebbero la loro culla nel nord Europa e solo tardivamente s’affacciarono in Italia. Alla luce delle analisi e dei numerosi documenti presentati in questo saggio si rivela invece che l’Italia si poneva all’avanguardia nell’impiego dei fiati e nell’evoluzione del loro linguaggio: Vivaldi fu, in questo contesto, il compositore più progressista e prolifico. Attraverso l’esame puntuale di ciascun lavoro vivaldiano destinato al flauto viene fatta luce sulla sua autenticità, la sua datazione e destinazione, giungendo spesso a risultati sorprendenti: ben otto opere risultano inautentiche, e di alcune d’esse si scopre la paternità; il flautino, da molti ritenuto un flageolet o addirittura un piccolo traverso, è definitivamente identificato nel flauto a becco soprano e sopranino; i flauti grossi, comunemente identificati in flauti tenori, si rivelano degli ordinarî contralti; non ultima, la cronologia e la destinazione dei concerti da camera viene in parte ridisegnata. Il saggio offre infine all’autore l’occasione di presentare per la prima volta al pubblico una nuova scoperta vivaldiana, il Trio per due traversieri RV 800.

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